"Non meriti di essere madre"
E io allora mi chiedo: "Chi merita un figlio?"; ma soprattutto: "Ha senso parlare di figlio come di un merito, in logica performativa, o di una medaglia al valore?". So, sappiamo tuttə, la risposta!
Sono passati due mesi e mezzo dall’uscita di Libere. Di scegliere se e come avere figli (Einaudi). E io, dopo aver inviato un’edizione speciale della newsletter nel giorno stesso dell’uscita del libro, sono sparita dalla tua casella di posta. Il fatto è che ad auto promuovermi sono brava quanto un tacchino a volare, ma non è solo questo.
Adesso ti spiego…
… ma, prima di iniziare, mini sondaggio:
*Se l’hai letto, e ti va, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi (non sei obbligatə, ovviamente).
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Torniamo al mio essere tacchino che sogna di volare, mentre pare che il mio destino sia, a ogni evidenza, “tentare goffi voli d'azione o di parola” (ok, chi indovina la cit.? 🤔).
Il fatto è che io proprio non sono in grado di:
promuovere il libro come se non avessi un lavoro full time;
lavorare come se
non fossi madre,
non stessi promuovendo un libro,
e cercando nel frattempo anche il tempo per mettere la testa sul prossimo,
e per scrivere questa newsletter;
essere al tempo stesso la madre amorevole, performante e presente h 24 che la società si aspetta che io sia, come se non lavorassi (e il resto delle cose sopra).
No, non mi sto lamentando! Sto solo mettendo nero su bianco il performativismo tossico che, probabilmente, opprime anche te - e comunque molte e molti di noi, con o senza figli, rendendoci costantemente stanche e stanchi. Condividere queste sensazioni mi pare sia un modo per sentirci meno sole e soli; e aiutarci, collettivamente, a riconoscere il peso di aspettative sociali irrealizzabili rispetto alle quali mi sento - e forse tu con me - costantemente in difetto, carente, sbagliata.
Quanto all’essere inadeguata, del resto, vale l’avvertimento di Rebecca Solnit:
«Anche dire che c’è un solo modo [sottinteso: di essere donna con figli] potrebbe essere troppo ottimistico, dato che anche le madri sono costantemente ritenute carenti»1
E se è vero, come scrivo nel mio saggio, che la cosa vale per tutte le donne, con o senza figli, che escano dai rigidi canoni del sistema patriarcale, questa citazione mi serve qui a introdurre il discorso della mia maternità sbagliata, per alcune persone, e aprire con essa ad altre genitorialità, condizioni childless o scelte childfree costantemente giudicate e valutate insufficienti.
Si può essere madri sufficientemente brave?
Quando sono diventata madre dopo essere stata fino ai 35 anni senza figli, da giornalista, come già raccontato, ho iniziato a scrivere delle discriminazioni subite dalle donne senza figli fuori e dentro il mondo del lavoro, spesso anche da parte di chi è madre; e di quanto faccia male la narrazione sacrale e romaticizzata della maternità. Successero allora due cose, che mi hanno poi portato a intraprendere il viaggio che, dopo un lavoro di 6 anni, è confluito in Libere. Di scegliere se e come avere figli:
Da una parte, molte persone si presero la briga di scrivermi, anche in privato, cose tipo che non meritavo la benedizione di avere avuto un figlio e che ero una madre sbagliata, ingrata, cattiva.
Dall’altra, si sollevò un coro di voci di donne con o senza figli che mi raccontavano il loro smarrimento, simile al mio e sempre diverso. In molte mi scrissero di essersi sentite viste, riconosciute e mi confessarono (spesso è più facile farlo con un’estranea che senti empatica) le loro storie fuori dalla logica a squadre che oppone chi ha figli a chi non ne ha, o chi è childfree per scelta e chi childless per condizione subita.
Con l’uscita del libro, questa identica cosa è successa di nuovo.
Una madre, in particolare, mi ha scritto che il fatto che abbia avuto un figlio io, donna e giornalista pro-choice, che scrive tra le altre cose del diritto di non avere figli e di genitorialità trans, sia ingiusto:
ingiusto nei confronti di chi la “benedizione” del figlio se la merita perché accoglie e difende la cosiddetta vita nascente (leggi è anti-abortista) e rispetta le leggi della natura (leggi “i bambini hanno bisogno di una mamma e di un papà, cisgender ed eterosessuali”);
ingiusto, infine, nei confronti di tante donne che “non possono e sarebbero madri meravigliose”.
Premetto che no, la cosa questa volta non mi ha ferita come allora. Lo dico sul serio! E non perché sia insensibile alle critiche, tutt’altro. Ma ho passato sei anni a intervistare donne e persone che hanno fatto o subito scelte riproduttive o non riproduttive radicalmente diverse, esattamente per dimostrare come la logica oppositiva non salva nessuna, e sia anzi uno stratagemma patriarcale per dividerci e farci a pezzi:
È proprio la consapevolezza di quanto sia radicato e reale questo divide et impera, che ha fatto sì che stavolta non sentissi dolore. “Tana libera per tutte e tutti”, il ‘gioco’ che propongo a ragion veduta nel mio saggio come strumento per liberare tutte le storie dalla vergogna o dalla necessità di nascondersi, significa tana libera anche per me che, nonostante continui a massacrarmi periodicamente per le mie carenze di donna o di genitrice, oggi so di essere una brava mamma.
Non perfetta, né sempre performante, a volte piú paziente, altre nervosa: di certo una madre sufficientemente brava2. Siamo in tante. Spesso non lo sappiamo, perché nessuno ce lo dice. Nessuno del resto ci dice che i nostri bambini non hanno bisogno di madri perfette o performanti, ma serene; e vive.
(estratto da Libere).
Ma chi merita un figlio?
Pongo invece qui un’altra questione che ci riguarda tutte e tutti, a prescindere dal fatto che ci siamo o meno riprodottə e dall’intenzione/ possibilità di farlo in futuro.
Davvero un figlio o una figlia sono, di nuovo in logica performativa, una questione di merito?
La risposta mi sembra fin troppo evidente. L’idea della maternità come benedizione è archetipica, legata a culti di Grandi madri, Madri sacre e vergini che si riproducono per volere di un dio, e vegliarde ultracentenarie che dopo una vita di sterilità restano incinte (sempre per volere di Dio!). Ma a prescindere dalle radici antropologiche e religiose, è un immaginario che inconsapevolmente partecipa alla colpevolizzazione della donna che non ha figli, perché non può o non ne vuole, e agisce da clava per educare le future madri al loro ruolo.
“I figli sono una benedizione”, “pensa a quelle che non possono”
Dicono. Ma allora rispondiamo insieme:
Perché la maternità di un’adolescente non è una benedizione, ma una vergogna e una colpa?
Perché non sono benedette le maternità omogenitoriali, single, trans o che si compiono al di fuori del matrimonio eteronormato?
Perché soprattutto ci sono genitori violenti e abusanti ai quali un figlio-premio, un figlio-benedizione o un figlio-merito non spetterebbe, stando alla logica meritocratica?
Lena Dunham, in un interessantissimo articolo su
in cui racconta la storia della sua infertilità e di come a lungo abbia sentito la frustrazione del “perché a me” e dell’ingiustizia di chi avrebbe “meritato” un figlio, parlando del fallimento delle e del figlio biologico mai arrivato, dice:Mi chiedevo se questo significasse qualcosa, se stavo avendo ciò che meritavo. Mi sono ricordata la reazione di un'ex amica, molti anni fa, quando le dissi che a volte temevo che la mia endometriosi fosse una maledizione intesa a dirmi che non meritavo un figlio. Ha quasi sputato. “Nessuno merita un figlio.”
Infine Dunham conclude, scrivendolo chiaro e tondo:
L'ironia è che sapere che non posso avere un figlio - la mia capacità di accettarlo e andare avanti - potrebbe essere l'unica ragione per cui merito di essere il genitore di qualcuno. Penso di avere finalmente qualcosa da insegnare a qualcuno.
In Libere scrivo, e mi sembra che sia la conclusione adatta a questa newsletter:
Al costo del silenzio, ognuna di noi può passare quasi inosservata: sarà una madre di sicuro carente, troppo qualcosa o troppo poco qualcos’altro, o una donna senza figli, con sospetto di anomalia e egoismo, ma pazienza, poteva andare peggio. Al costo del silenzio, alcune di noi possono risparmiarsi la gogna, gli insulti, gli sputi, la lettera scarlatta del mostro che non solo ci portiamo dentro, ma incarniamo.
Eppure alcune scelgono di non tacere, per liberare se stesse e le altre.
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Sempre perché non so promuovere me stessa, ovviamente ho già fatto un sacco di date in giro per l’Italia con persone meravigliose senza dirti nulla. Ma almeno ecco qui il calendario delle prossime date di aprile e maggio (in aggiornamento). Se pensi di venire, avvisami o fatti riconoscere, se ti va. In ogni caso, grazie.
Aprile
12 aprile | Perugia
PopUp Libreria
h. 18:3016 aprile | Milano
Sala attigua alla Libreria Claudiana
via Francesco Sforza, 12
h. 18.30
con Sophie Langeneck17 aprile | Brescia
L’Orto di via Solferino
h. 20
con Purple Square Brescia19 aprile | Novara
Liceo Classico “Carlo Alberto”
h. 20
Notte Nazionale del Liceo Classico29 aprile | Milano
Spazio 12 p.zle Bacone
h. 17.30
con Società Marcé Italiana
Maggio
4 maggio | Brescia
Porto delle Culture
h. 17.30
con Nadia Busato
Brescia si legge5 maggio | Milano
Stecca 3.0 Via Gaetano de Castillia, 26
h. 16.30
con Giulio Cavalli, Alice Siracusano, Cristian Micheletti e Anna Acquistapace
Ensemble Festival18 maggio | Milano
Base Milano
h. 15.30
con Michela Andreozzi, Melanie Ayivi, Alessia Novile
WeWorld Festival25 maggio | Ravenna
Scrittura Festival
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Ilaria Maria Dondi
Rebecca Solnit, The Mother of All Questions, in «Harper’s Magazine», ot- tobre 2015 (https://harpers.org/archive/2015/10/the-mother-of-all-questions/). Il saggio omonimo è stato pubblicato da Granta, London 2017 (poi Haymarket Bo- oks, Chicago 2019).
“In una serie di trasmissioni radiofoniche per la Bbc registrate tra il 1943 e il 1962, in effetti, il pediatra e psicoanalista freudiano Donald Winnicott aveva liberato le madri dall’ansia crescente di perfezione, teorizzando il concetto della madre sufficientemente buona, fisiologicamente legittimata a provare sensi di colpa, ansie, preoccupazioni, e persino sentimenti di odio nei confronti del bambino.”
Anche la nota è tratta da Libere (op.cit.).