Ho letto questa newsletter con un senso di rabbia e di tristezza per una situazione che vivo quotidianamente e che proprio in queste feste si è ripresentata in tutta la sua "gloria".
Do you want philosophically-backed ammunition to swat away the questions once and for all? I’m the Substack for you. (Esempio: “No, zia Rosa, niente figli, non voglio diventare metafisicamente ambigua.”)
Alla persona che si è stupita per la domanda “fai il turno tu ché non hai figli?" vorrei raccontare di quante volte mi sono trovata a gestire questa aspettativa mica solo sotto le feste, ma tutto l’anno, quando lavoravo per una grande azienda americana negli Stati Uniti (dettaglio meno superfluo di quanto sembri, per portare testimonianza su quanto il problema non sia isolato all’Italia). Durante il periodo covid in particolare, lavorando da casa, i colleghi genitori erano intoccabili. E poiché, da un punto di vista anagrafico, è più facile che chi è genitore sia anche al punto della carriera in cui ha persone sotto di lui/lei, si creava questo enorme squilibrio di potere per cui i manager con figli si aspettavano da noi sottoposti senza figli che sgobbassimo ancora di più. Ma guai a dirlo. Guai anche solo osare una frase come “i colleghi genitori erano intoccabili”. E infatti scrivendola mi sento a disagio, perché cosa ne so io, di cosa significa gestire dei figli? Lo potrò fare sto sacrificio per la comunità di lavorare di più, no? Perché cosa vuoi che sia un problema di salute mentale e burnout per una persona senza figli, rispetto alla fatica quotidiana di un genitore?
Il problema è che si sono create delle vere e proprie gerarchie di bisogni ed esigenze, per cui i bisogni di chi ha figli vengono per forza prima di quelli di chi non li ha. Ma non è giusto che sia così. Lo dico da persona che nel 2025 vorrebbe iniziare una famiglia con il proprio partner. E se succederà, sicuramente in qualche modo ci finirò anche io nel “certo che chi non ha figli non può capire” — ma per ora mi sento di dire che queste gerarchie sono inutili e dannose. Senza contare offensive nei confronti di chi biologicamente figli non ne riesce ad avere.
Ho letto questa newsletter con un senso di rabbia e di tristezza per una situazione che vivo quotidianamente e che proprio in queste feste si è ripresentata in tutta la sua "gloria".
Do you want philosophically-backed ammunition to swat away the questions once and for all? I’m the Substack for you. (Esempio: “No, zia Rosa, niente figli, non voglio diventare metafisicamente ambigua.”)
Alla persona che si è stupita per la domanda “fai il turno tu ché non hai figli?" vorrei raccontare di quante volte mi sono trovata a gestire questa aspettativa mica solo sotto le feste, ma tutto l’anno, quando lavoravo per una grande azienda americana negli Stati Uniti (dettaglio meno superfluo di quanto sembri, per portare testimonianza su quanto il problema non sia isolato all’Italia). Durante il periodo covid in particolare, lavorando da casa, i colleghi genitori erano intoccabili. E poiché, da un punto di vista anagrafico, è più facile che chi è genitore sia anche al punto della carriera in cui ha persone sotto di lui/lei, si creava questo enorme squilibrio di potere per cui i manager con figli si aspettavano da noi sottoposti senza figli che sgobbassimo ancora di più. Ma guai a dirlo. Guai anche solo osare una frase come “i colleghi genitori erano intoccabili”. E infatti scrivendola mi sento a disagio, perché cosa ne so io, di cosa significa gestire dei figli? Lo potrò fare sto sacrificio per la comunità di lavorare di più, no? Perché cosa vuoi che sia un problema di salute mentale e burnout per una persona senza figli, rispetto alla fatica quotidiana di un genitore?
Il problema è che si sono create delle vere e proprie gerarchie di bisogni ed esigenze, per cui i bisogni di chi ha figli vengono per forza prima di quelli di chi non li ha. Ma non è giusto che sia così. Lo dico da persona che nel 2025 vorrebbe iniziare una famiglia con il proprio partner. E se succederà, sicuramente in qualche modo ci finirò anche io nel “certo che chi non ha figli non può capire” — ma per ora mi sento di dire che queste gerarchie sono inutili e dannose. Senza contare offensive nei confronti di chi biologicamente figli non ne riesce ad avere.